Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice  fiscale:
80224030587, per il ricevimento degli atti, fax  06/96514000  e  pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)   presso   i   cui   uffici    e'
domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Lombardia in persona  del  Presidente
della  Giunta  Regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli artt. 70, commi 2, 2-bis, 2-ter e
2-quater e 72, commi 4, 5 e 7 lett. e) e g), della legge regionale n.
2 del 3 febbraio 2015,  pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale  della
Regione Lombardia n. 6 del 5 febbraio 2015, recante  "Modifiche  alla
legge regionale 11 marzo 2005,  n.  12  (Legge  per  il  governo  del
territorio) - Principi per la pianificazione delle  attrezzature  per
servizi religiosi", giusta delibera del  Consiglio  dei  Ministri  in
data 12 marzo 2015. 
    La Regione  Lombardia  ha  dettato  disposizioni  in  materia  di
governo del territorio modificando la previgente Legge  Regionale  n.
12  dell'11  marzo  2005  "Legge  per  governo  del  territorio"  con
riferimento alle norme contenute nel capo III - intitolato Norme  per
la realizzazione di edifici di culto e di  attrezzature  destinate  a
servizi religiosi - in relazione specificamente negli articoli  70  e
72. 
    Precisamente, l'art. 1, comma 1, lett. b) della  L.R.  2/2015  ha
sostituito il  comma  2  dell'art.  70,  L.R.  12/2005  ulteriormente
aggiungendo i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater. 
    Pertanto,  il  contenuto  dell'art.  70  della  L.R.  12/2005   -
riportante testualmente: 
      "1.  La  Regione  ed  i   comuni   concorrono   a   promuovere,
conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di
attrezzature di interesse comune destinate  a  servizi  religiosi  da
effettuarsi da  parte  degli  enti  istituzionalmente  competenti  in
materia di culto della Chiesa Cattolica; 
      2. Le disposizioni del presente capo si  applicano  anche  agli
enti delle altre confessioni religiose come tali qualificate in  base
a criteri desumibili dall'ordinamento ed aventi una presenza diffusa,
organizzata e stabile nell'ambito del comune ove siano effettuati gli
interventi disciplinati dal presente capo, ed i cui statuti esprimano
il carattere religioso delle loro finalita'  istituzionali  e  previa
stipulazione  di  convenzione  tra  il  comune   e   le   confessioni
interessate; 
      3. I contributi e le provvidenze  disciplinati  dalla  presente
legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai  finanziamenti
a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e
della Regione, nonche' in atti  o  provvedimenti  amministrativi  dei
comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio
delle proprie funzioni istituzionali". 
    E' stato cosi' modificato dalla L.R. 2/2015: 
      "1.  La  Regione  ed  i   comuni   concorrono   a   promuovere,
conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di
attrezzature di interesse comune destinate  a  servizi  religiosi  da
effettuarsi da  parte  degli  enti  istituzionalmente  competenti  in
materia di culto della Chiesa Cattolica; 
      2.2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche  agli
enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha  gia'
approvato con legge la relativa intesa ai sensi  dell'art.  8,  terzo
comma, della Costituzione; 
      2-bis. Le disposizioni del presente capo si applicano  altresi'
agli enti delle altre confessioni religiose che presentano i seguenti
requisiti: 
        a) presenza diffusa,  organizzata  e  consistente  a  livello
territoriale e un significativo insediamento nell'ambito  del  comune
nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente
capo; 
        b) i relativi statuti esprimono il carattere religioso  delle
loro finalita' istituzionali e il rispetto dei principi e dei  valori
della Costituzione. 
      2-ter.  Ai  fini  dell'applicazione  delle   disposizioni   del
presente capo gli enti delle confessioni religiose di cui ai commi  2
e 2-bis devono stipulare una convenzione a fini  urbanistici  con  il
comune  interessato.  Le  convenzioni  prevedono   espressamente   la
possibilita'  della  risoluzione  o  della   revoca,   in   caso   di
accertamento da parte del comune  di  attivita'  non  previste  nella
convenzione; 
      2-quater. Per consentire ai  comuni  la  corretta  applicazione
delle disposizioni  di  cui  al  presente  capo,  viene  istituita  e
nominata con provvedimento di Giunta regionale, che stabilisce  anche
composizione e modalita' di funzionamento, una consulta regionale per
il rilascio di parere preventivo e obbligatorio sulla sussistenza dei
requisiti di cui al  comma  2-bis.  La  consulta  opera  senza  oneri
aggiuntivi a carico del bilancio regionale; 
      3. I contributi e le provvidenze  disciplinati  dalla  presente
legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai  finanziamenti
a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e
della Regione, nonche' in atti  o  provvedimenti  amministrativi  dei
comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio
delle proprie funzioni istituzionali". 
    Anche l'art. 72 - la cui versione precedente era: 
      «Art. 72 - (Rapporti con la pianificazione comunale). - 1.  Nel
piano dei servizi e nelle relative varianti, le  aree  che  accolgono
attrezzature  religiose,  o  che  sono  destinate  alle  attrezzature
stesse, sono specificamente individuate, dimensionate e  disciplinate
sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate  dagli
enti delle confessioni religiose di cui all'art. 70. Le  attrezzature
religiose sono computate  nella  loro  misura  effettiva  nell'ambito
della dotazione globale di spazi  per  attrezzature  pubbliche  e  di
interesse pubblico o generale di cui all'art. 9, senza necessita'  di
regolamentazione con atto di asservimento o regolamento d'uso. 
      2.  Qualunque  sia  la  dotazione  di  attrezzature   religiose
esistenti, nelle  aree  in  cui  siano  previsti  nuovi  insediamenti
residenziali, il piano dei servizi,  e  relative  varianti,  assicura
nuove aree per attrezzature religiose, tenendo conto  delle  esigenze
rappresentate dagli enti delle confessioni religiose di cui  all'art.
70. Su istanza dell'ente interessato, le nuove aree per  attrezzature
religiose sono preferibilmente localizzate in continuita' con  quelle
esistenti. 
      3. In aggiunta alle aree individuate ai sensi del comma  2,  il
piano  dei  servizi  e  i  piani  attuativi  possono  prevedere  aree
destinate  ad  accogliere   attrezzature   religiose   di   interesse
sovracomunale. Le aree necessarie per la costruzione  delle  suddette
attrezzature sono specificamente individuate, dimensionate e normate,
nell'ambito della pianificazione  urbanistica  comunale,  sulla  base
delle  istanze  all'uopo  presentate  dagli  enti   istituzionalmente
competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica e  delle  altre
confessioni religiose di cui all'art. 70. 
      4. Le aree destinate ad accogliere gli edifici di  culto  e  le
altre attrezzature  per  i  servizi  religiosi,  anche  di  interesse
sovracomunale, sono ripartite fra  gli  enti  che  ne  abbiano  fatto
istanza  in  base  alla  consistenza  ed  incidenza   sociale   delle
rispettive confessioni». 
    E' stato modificato, anche nella intitolazione, ed integrato come
segue: 
      «Art. 72 - (Piano per le attrezzature religiose). - 1. Le  aree
che accolgono  attrezzature  religiose  o  che  sono  destinate  alle
attrezzature stesse sono specificamente individuate nel  piano  delle
attrezzature religiose, atto separato facente  parte  del  piano  dei
servizi, dove vengono dimensionate e disciplinate  sulla  base  delle
esigenze locali,  valutate  le  istanze  avanzate  dagli  enti  delle
confessioni religiose di cui all'art. 70. 
      2. L'installazione di nuove attrezzature  religiose  presuppone
il piano di cui al comma 1; senza il suddetto piano non  puo'  essere
installata nessuna nuova attrezzatura religiosa da confessioni di cui
all'art. 70. 
      3. Il piano di cui al  comma  1  e'  sottoposto  alla  medesima
procedura di approvazione dei piani componenti il PGT di cui all'art.
13. 
      4. Nel corso del procedimento per la predisposizione del  piano
di cui al comma 1  vengono  acquisiti  i  pareri  di  organizzazioni,
comitati  di  cittadini,  esponenti  e  rappresentanti  delle   forze
dell'ordine oltre agli uffici provinciali di questura e prefettura al
fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica, fatta salva
l'autonomia degli organi statali.  Resta  ferma  la  facolta'  per  i
comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni  statutarie
e dell'ordinamento statale. 
      5.  I  comuni  che  intendono  prevedere   nuove   attrezzature
religiose  sono  tenuti  ad  adottare  e  approvare  il  piano  delle
attrezzature religiose entro diciotto mesi dalla data di  entrata  in
vigore della legge regionale recante "Modifiche alla legge  regionale
11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi
per la pianificazione delle  attrezzature  per  servizi  religiosi"».
Decorso detto termine il piano e' approvato unitamente al nuovo PGT. 
      6. Il piano delle attrezzature  religiose  puo'  avere  valenza
sovracomunale, sulla base di una convenzione tra comuni limitrofi che
individua il comune capofila. La procedura di  cui  all'art.  4  deve
avvenire singolarmente in ogni  comune.  Il  provvedimento  finale  e
conclusivo della procedura e' unico e ne e'  responsabile  il  comune
capofila.  Il  piano  delle  attrezzature   religiose   sovracomunale
costituisce parte del piano dei servizi dei singoli comuni che  hanno
aderito alla convenzione di cui sopra. 
      7. Il piano delle attrezzature  religiose  deve  prevedere  tra
l'altro: 
        a)  la  presenza  di  strade  di  collegamento  adeguatamente
dimensionate o, se assenti o inadeguate, ne  prevede  l'esecuzione  o
l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti; 
        b) la presenza di adeguate opere di  urbanizzazione  primaria
o, se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione  o  l'adeguamento
con onere a carico dei richiedenti; 
        c) distanze adeguate tra le aree e gli edifici  da  destinare
alle diverse confessioni religiose. Le distanze minime sono  definite
con deliberazione della Giunta regionale; 
        d) uno spazio da destinare a parcheggio  pubblico  in  misura
non inferiore al 200 per cento della superficie  lorda  di  pavimento
dell'edificio da destinare a luogo di culto.  Il  piano  dei  servizi
puo' prevedere in aggiunta  un  minimo  di  posteggi  determinati  su
coefficienti di superficie convenzionali; 
        e) la  realizzazione  di  un  impianto  di  videosorveglianza
esterno all'edificio, con onere a  carico  dei  richiedenti,  che  ne
monitori ogni punto di  ingresso,  collegato  con  gli  uffici  della
polizia locale o forze dell'ordine; 
        f) la realizzazione di  adeguati  servizi  igienici,  nonche'
l'accessibilita' alle strutture anche da parte di disabili; 
        g) la congruita' architettonica e dimensionale degli  edifici
di culto previsti con le caratteristiche  generali  e  peculiari  del
paesaggio lombardo, cosi' come individuate nel PTR. 
      8. Le disposizioni del presente articolo non si applicano  alle
attrezzature religiose esistenti alla entrata in vigore  della  legge
recante "Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n.  12  (Legge
per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle
attrezzature per servizi religiosi". 
    Ebbene,  e'  avviso  del  Governo  che,  con  tali   disposizioni
modificative ed integrative, la Regione Lombardia abbia travalicato i
limiti   fissati   dalla   Costituzione   alla   propria   competenza
legislativa,  come  si  chiarira'  attraverso   l'illustrazione   dei
seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Violazione degli artt. 3, 8 e 19 Cost. in relazione  all'art.  70,
commi 2 e 2-bis, lett. a), L.R. 2/2015. 
    La nuova formulazione dell'art. 70  va  a  specificare  la  norma
previgente  -  che  prevedeva,  come  sopra  riportato,  che  "2.  Le
disposizioni del presente capo si applicano  anche  agli  enti  delle
altre confessioni religiose come tali qualificate in base  a  criteri
desumibili dall'ordinamento..." - attraverso l'introduzione nel comma
2-bis, oltre alla "presenza  diffusa,  organizzata  e  consistente  a
livello territoriale e un significativo insediamento nell''mbito  del
comune nel quale vengono effettuati gli interventi  disciplinati  dal
presente capo;" anche che "i relativi statuti esprimono il  carattere
religioso delle  loro  finalita'  istituzionali  e  il  rispetto  dei
principi e dei valori della Costituzione". 
    Prescindendo, per il  momento  da  quest'ultima  previsione,  che
sara' esaminata nel 2° motivo di ricorso relativo alla violazione del
comma  2-quater,  dell'art.  70,  deve   osservarsi   che,   restando
sostanzialmente invariato il 1° comma - che recita "La Regione  ed  i
comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri  di  cui  al
presente capo, la realizzazione di attrezzature di  interesse  comune
destinate a servizi religiosi da  effettuarsi  da  parte  degli  enti
istituzionalmente  competenti  in  materia  di  culto  della   Chiesa
Cattolica". - la nuova formulazione dei  commi  2  e  2-bis  -  sopra
riprodotti - introducono un'irragionevole disparita' di trattamento a
danno delle confessioni acattoliche prive di intesa o con intesa  non
ancora approvata con legge, rispetto alla  Chiesa  Cattolica  e  alle
altre confessioni religiose con intesa gia' approvata con legge. 
    In  proposito,  deve  rilevarsi  che  la  tutela  della  liberta'
religiosa per le confessioni diverse dalla  cattolica  esige  cura  e
attenzione particolari nella  considerazione  che  le  condizioni  di
queste confessioni (ancor piu' di quelle di  nuova  formazione)  sono
disagiate e precarie proprio in materia di  edifici  di  culto  e  di
attrezzature  religiose  essenziali.  Frapporre  ostacoli  alla  loro
liberta'  di  culto,   interponendo   difficolta'   o   complicazioni
amministrative, finanziarie, logistiche, alla  costruzioni  di  nuovi
templi, significa  violare  i  principi  costituzionali  di  liberta'
religiosa e di eguaglianza dei cittadini. 
    Pertanto, la previsione contenuta nel comma 2 -  secondo  cui  le
disposizioni  del  capo  III  si  applicano  agli  enti  delle  altre
confessioni religiose con cui sia intercorsa intesa con lo Stato - ed
il previsto requisito della presenza diffusa e consistente a  livello
territoriale - di cui alla lett. a) del comma  2-bis  -  violano  gli
artt.  3,  8  e  19  della  Costituzione,  perche'  irragionevolmente
discriminano  tra  soggetti  portatori  di  interessi  identici   (la
proclamazione  delle  rispettive  fedi)   e,   quindi,   limitano   e
impediscono   l'esercizio   della   liberta'    religiosa,    diritto
fondamentale  ed  inviolabile,  e  di  professare  la  propria   fede
religiosa in forma  associata  e  di  esercitarne  in  privato  o  in
pubblico il culto. 
    In proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto che il rispetto
dei principi di liberta'  religiosa  e  di  uguaglianza  deve  essere
garantito  "in  riferimento  al  medesimo  diritto   di   tutti   gli
appartenenti alle diverse fedi  o  confessioni  religiose  di  fruire
delle eventuali facilitazioni disposte in via generale dalla medesima
disciplina comune dettata  dallo  Stato  perche'  ciascuno  possa  in
concreto piu' agevolmente esercitare  il  culto  della  propria  lode
religiosa" e, pertanto, "ne consegue che qualsiasi discriminazione in
danno dell'una o  dell'altra  fede  religiosa  e'  costituzionalmente
inammissibile in quanto contrasta con il diritto di liberta' e con il
principio  di  uguaglianza....  E'  determinante  la  finalita'   che
caratterizza la disposizione impugnata e l'effetto che  ne  discende:
finalita' ed effetto essendo quelli  di  facilitare  l'esercizio  del
culto, l'agevolazione non puo' essere subordinata alla condizione che
il culto si riferisca ad una confessione  religiosa  la  quale  abbia
chiesto e ottenuto la regolamentazione dei  propri  rapporti  con  lo
Stato ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione".  (Corte
costituzionale, sent. n. 195/1993). 
2. Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. c) Cost.  in  riferimento
all'art. 70, commi 2-bis, lett. b) e 2-quater, L.R. 2/2015. 
    In una lettura congiunta dei due commi 2-bis e 2-quater dell'art.
70, della L.R. in esame, con riferimento alle confessioni  religiose,
il comma  2-bis,  sub  lett.  b)  prevede  che  "i  relativi  statuti
esprimono il carattere religioso delle loro finalita' istituzionali e
il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione", e che,  ai
sensi del successivo comma 2-quater, "Per  consentire  ai  comuni  la
corretta applicazione delle disposizioni di  cui  al  presente  capo,
viene istituita e nominata con provvedimento di Giunta regionale, che
stabilisce anche  composizione  e  modalita'  di  funzionamento,  una
consulta  regionale  per  il  rilascio   di   parere   preventivo   e
obbligatorio sulla sussistenza dei requisiti di cui al  comma  2-bis.
La consulta opera  senza  oneri  aggiuntivi  a  carico  del  bilancio
regionale". 
    E' evidente  che  tali  previsioni  modificative  si  pongono  in
sensibile  contrasto  con  l'art.  117,  comma  2,  lett.  c)   della
Costituzione laddove la valutazione dei requisiti  di  cui  al  comma
2-bis  (presenza  diffusa,  organizzata  e  consistente   a   livello
territoriale e significativo insediamento nell'ambito del comune  nel
quale vengono effettuati gli  interventi  disciplinati  dal  presente
capo, carattere religioso delle finalita'  istituzionali  e  rispetto
dei principi e dei valori della  Costituzione  da  parte  degli  enti
delle confessioni religiose) viene,  ai  sensi  del  comma  2-quater,
affidata a una "consulta regionale", da nominarsi  con  provvedimento
della  Giunta  regionale,  competente  al  rilascio  di   un   parere
preventivo e obbligatorio sulla sussistenza dei requisiti di  cui  al
menzionato comma 2 bis. Infatti, l'attribuzione a un organo regionale
del compito di valutare la conformita' dello statuto regolante l'ente
di natura religiosa ai  principi  e  ai  valori  della  Costituzione,
determina una lesione della sfera  di  attribuzione  alla  competenza
esclusiva dello Stato della materia dei rapporti tra la Repubblica  e
le confessioni religiose, di cui all'art.  117,  comma  2,  lett.  c)
Cost. 
3. Violazione dell'art.  19  Cost.  in  riferimento  al  comma  2-ter
dell'art. 70 L.R. 2/2015. 
    Il comma 2-ter, dell'art. 70 della L.R. 2/2015 sancisce "Ai  fini
dell'applicazione delle disposizioni del presente capo gli enti delle
confessioni religiose di cui ai commi 2 e 2-bis devono stipulare  una
convenzione  a  fini  urbanistici  con  il  comune  interessato.   Le
convenzioni prevedono espressamente la possibilita' della risoluzione
o della revoca, in caso  di  accertamento  da  parte  del  comune  di
attivita' non previste nella convenzione". 
    Si ritiene che la previsione della risoluzione o revoca  in  caso
di accertamento di attivita'  non  previste  nella  convenzione,  sia
formula troppo generale e generica, dal momento che ben puo' un  ente
di culto svolgere anche attivita' diverse da quelle di religione o di
culto (es., culturale o sportiva per i giovani), purche'  sempre  nel
rispetto delle leggi italiane che regolano tali attivita'. 
    Pertanto, si ritiene che il comma 2-ter, che accorda la  facolta'
di revoca unilaterale da parte del comune, e' suscettibile di violare
la liberta' di religione e di culto di cui all'art. 19 Cost. 
4. Violazione dei principi europei ed internazionali  in  materia  di
liberta' di religione e di culto consacrati nell'art. 117, comma 1  e
2, lett. a) Cost. in riferimento ai commi 2-bis,  2-ter  e  2-quater,
L.R. 2/2015. 
    Anche  l'Unione  Europea  garantisce  la  liberta'  religiosa   e
l'eliminazione   delle   discriminazioni   basate   sull'appartenenza
religiosa. Il Trattato di Lisbona e l'obbligatorieta' della Carta dei
diritti  fondamentali   dell'Unione   Europea,   nonostante   rimanga
prerogativa dell'ordinamento nazionale di ogni singolo  Stato  membro
la  definizione  dello  status  di   cui   godono   le   confessioni,
associazioni   e   comunita'   religiose,   esplicite    disposizioni
comunitarie, salvaguardano la liberta'  religiosa  e  contrastano  la
discriminazione religiosa. 
    Per quanto riguarda i Trattati, gli artt. 10 e  17  del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione Europea  (TFUE)  definiscono  l'impegno
dell'Unione nel perseguire  la  lotta  alle  discriminazioni  fondate
anche  sulla  religione  nell'elaborazione  e  nell'attuazione  delle
politiche europee, affermando anche il principio del dialogo  con  le
confessioni  religiose  e  salvaguardando  i  sistemi  nazionali   di
disciplina dei rapporti tra Stato e confessioni religiose di ciascuno
Stato membro. In aggiunta, all'art. 19 del  TFUE,  viene  sancita  la
competenza dell'Unione nell'elaborazione di  opportuni  provvedimenti
per combattere le discriminazioni fondate anche sulla  religione:  in
tal modo l'Unione diviene soggetto attivo in questa  materia,  con  i
conseguenti riflessi sugli ordinamenti nazionali. 
    La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea,  divenuta
dal 1° dicembre 2009 vincolante per gli  Stati  membri  al  pari  dei
Trattati, prevede agli artt. 10, 21 e 22 che  "l'Unione  rispetta  la
diversita' religiosa", che la liberta' religiosa "include la liberta'
di cambiare religione  o  convinzione,  cosi'  come  la  liberta'  di
manifestare  la  propria   religione   o   la   propria   convinzione
individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante
il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti" e  che
"e'  vietata  qualsiasi  forma   di   discriminazione   fondata,   in
particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle  o  l'origine
etnica  o  sociale,  le  caratteristiche  genetiche,  la  lingua,  la
religione o le convinzioni personali,  le  opinioni  politiche  o  di
qualsiasi altra natura [...]". 
    Anche  il   Comitato   diritti   umani   delle   Nazioni   Unite,
nell'esercizio  della  sua   funzione   di   interprete   del   Patto
internazionale sui diritti civili e  politici,  ha  chiarito  che  la
liberta' di religione e il diritto di manifestare  il  proprio  credo
comprendono una vasta gamma di atti. 
    Il concetto di culto, infatti, si estende a tutti  gli  atti  che
sono espressione diretta di fede, come ad esempio la  costruzione  di
luoghi di culto, l'uso di formule e oggetti  rituali,  l'utilizzo  di
simboli e il rispetto di ferie e giorni di riposo. 
    Il diritto di professare  liberamente  la  propria  religione  si
traduce,  quindi,  anche   nell'utilita'   concreta   relativa   alla
costruzione  e/o  utilizzo  di  luoghi  appositamente  dedicati  alla
preghiera  e  alla  discussione  delle  questioni   riguardanti   gli
interessi  sociali  e  culturali  della  comunita'  cui   l'individuo
appartiene. (par.  4  del  General  Comment  all'art.  18  del  Patto
internazionale sui diritti civili e politici (30.VII.1993). 
    Pertanto, conformemente all'art. 18, gli Stati hanno l'obbligo di
adottare  misure  infrastrutturali  e   condizioni   favorevoli   per
facilitare lo sviluppo libero e non discriminatorio  delle  comunita'
religiose e dei loro membri. Il terzo comma del citato  art.  18  del
Patto  internazionale  sui  diritti  civili  e  politici  stabilisce,
inoltre, che "la liberta' di manifestare la propria  religione  o  il
proprio credo puo'  essere  sottoposta  unicamente  alle  restrizioni
previste dalla legge e che  siano  necessarie  per  la  tutela  della
sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o  della  sanita'  pubblica,
della morale pubblica o degli altri diritti e liberta' fondamentali".
Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha osservato  (Par.
8)  che  il  terzo  comma  dell'art.  18  deve  essere   interpretato
restrittivamente: non sono ammesse restrizioni se non  per  i  motivi
sopra specificati e tali limitazioni possono  essere  applicate  solo
per gli scopi cui sono stati prescritti e devono essere proporzionate
e direttamente correlate a  tali  specifici  scopi.  Le  restrizioni,
inoltre,  non  possono  essere   imposte   o   applicate   per   fini
discriminatori. 
5. Violazione degli artt. 117, comma 2, lett.  h)  e  118,  comma  3,
della Costituzione in relazione all'art 72, comma 4 e comma 7,  lett.
e) L.R. 2/2015. 
    Come premesso, la L.R. 2/2015 ha modificato anche l'art. 72 della
L.R. 12/2005. 
    Il comma  4  del  nuovo  art.  72  -  intitolato  "Piano  per  le
attrezzature religiose" - stabilisce "Nel corso del procedimento  per
la predisposizione del piano di cui al comma 1  vengono  acquisiti  i
pareri  di  organizzazioni,  comitati  di  cittadini,   esponenti   e
rappresentanti delle forze dell'ordine oltre agli uffici  provinciali
di questura e prefettura al fine di  valutare  possibili  profili  di
sicurezza pubblica, fatta salva  l'autonomia  degli  organi  statali.
Resta ferma la  facolta'  per  i  comuni  di  indire  referendum  nel
rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale". 
    Tale comma, quindi, prevede che nell'ambito del procedimento  per
la predisposizione del piano delle  attrezzature  religiose,  vengano
acquisiti i pareri, tra gli altri, di esponenti rappresentanti  delle
forze dell'ordine, oltre agli uffici provinciali  di  questura  e  di
prefettura, al  fine  di  valutare  possibili  profili  di  sicurezza
pubblica. 
    Tutto  cio'  viola  l'art.  117,  comma   2,   lett.   h)   della
Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva  dello  Stato  la
materia dell'ordine pubblico e della sicurezza ma anche  l'art.  118,
comma 3, della Costituzione, che affida alla sola  legge  statale  il
potere di disciplinare forme di coordinamento  fra  Stato  e  Regioni
nella materia della sicurezza pubblica. 
    Del pari, la previsione di cui al comma 7, lett. e) dello  stesso
art. 72, in  ordine  alla  possibilita'  che  il  piano  preveda  "la
realizzazione   di   un   impianto   di   videosorveglianza   esterno
all'edificio, con onere a carico del richiedente, che  monitori  ogni
punto di ingresso, collegato con gli uffici della  polizia  locale  o
forze dell'ordine", contrasta sia con il citato art.  117,  comma  2,
lett. h), della Costituzione che  con  l'art.  118,  comma  3,  della
Costituzione, che  affida  alla  sola  legge  statale  il  potere  di
disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia
della sicurezza pubblica. 
    A proposito della materia della sicurezza pubblica, codesta Corte
costituzionale con  la  sentenza  n.  45  del  1957  rileva  "doversi
ritenere insussistente nel nostro ordinamento giuridico la regola che
ad ogni liberta' costituzionale  possa  corrispondere  un  potere  di
controllo preventivo da parte dell'autorita' di  pubblica  sicurezza,
in ordine ai futuri comportamenti del cittadino". Ed  anche  che  "la
promozione della legalita', in quanto tesa alla diffusione dei valori
di civilta' e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica,  non
e' attribuzione monopolistica, ne' puo' divenire oggetto  di  contesa
tra i distinti livelli di legislazione  e  di  governo:  e'  tuttavia
necessario che misure predisposte a tale scopo nell'esercizio di  una
competenza   propria   della   Regione,   per   esempio   nell'ambito
dell'organizzazione  degli  uffici   regionali,   non   costituiscano
strumenti  di  politica  criminale,  ne',  in  ogni  caso,   generino
interferenze,  anche  potenziali,  con  la  disciplina   statale   di
prevenzione e repressione dei reati (da ultimo, sentenza n. 325 del 2
dicembre 2011)". 
6. Violazione dell'art. 19 della Costituzione in riferimento all'art.
72, comma 4, ultimo periodo, della L.R. 2/2015. 
    L'ultimo periodo del comma 4 del nuovo  art.  72  della  L.R.  n.
12/2005 contiene la previsione: "Resta ferma la facolta' per i comuni
di indire referendum  nel  rispetto  delle  previsioni  statutarie  e
dell'ordinamento statale". 
    La disposizione prevede dunque la possibilita' per i  comuni,  in
merito agli anzidetti piani, di indire referendum. 
    Tale  previsione,  oltre  a  creare  un'ulteriore  aggravio   nel
procedimento per la  predisposizione  del  piano  delle  attrezzature
religiose, consentendo che  la  possibilita'  di  destinare  aree  ad
attrezzature religiose sia subordinata  a  decisioni  espressione  di
maggioranze politiche o culturali o altro, e' suscettibile di violare
l'art. 19 della Costituzione, che garantisce la liberta' religiosa. 
    In proposito, la Corte costituzionale gia' nel 1958  chiari'  che
"con l'art. 19  il  legislatore  costituente  riconosce  a  tutti  il
diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi  forma,
individuale o associata, di  farne  propaganda  e  di  esercitare  in
privato o in pubblico il culto, col solo e ben comprensibile,  limite
che il culto non si estrinsechi in riti contrari al buon costume.  La
formula di tale articolo non  potrebbe,  in  tutti  i  suoi  termini,
essere piu' ampia, nel senso di comprendere tutte  le  manifestazioni
del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto  forma  e  condizione
essenziale del  suo  pubblico  esercizio,  l'apertura  di  templi  ed
oratori e la nomina dei relativi ministri".  (Sent.  Cort.  Cost.  n.
59/1958). 
7. Violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione  in  relazione
al comma 7, lett. g) dell'art. 72 della L.R. 2/2015. 
    La previsione contenuta nel comma 7, lett. g), dell'art. 72 della
L.R. n. 12/2005, e' suscettibile di applicazioni  discriminatorie  ed
e' priva di intrinseca logicita'. 
    Come  visto,  esso  prevede  "la  congruita'   architettonica   e
dimensionale degli edifici di culto previsti con  le  caratteristiche
generali e peculiari del paesaggio lombardo, cosi'  come  individuate
nel PTR". Considerato che per loro natura, in Italia e  in  tutto  il
mondo, gli edifici di culto  presentano  specificita'  stilistiche  e
architettoniche derivate dalla storia nazionale  e  da  quella  delle
singole confessioni religiose, che  non  possono  essere  ignorate  o
censurate sulla base delle "caratteristiche generali e peculiari  del
paesaggio lombardo" (formula gia' per se' ambigua e non priva di  una
qualche  inafferrabilita'  concettuale),  la  formula  si  presta  ad
applicazioni cosi' ampiamente discrezionali da consentire  facilmente
effetti discriminatori verso alcuni enti religiosi e non verso altri. 
    Pertanto, il comma  7,  lett.  g)  dell'art.  72  della  L.R.  n.
12/2005, sostituito dall'art. 1, comma 1,  lett.  c)  della  L.R.  n.
2/2015,  consentendo  effetti  discriminatori   verso   alcuni   enti
religiosi e non verso altri; viola gli artt. 3, 8 e 19  della  Cost.,
che garantiscono, in condizioni di uguaglianza, la libera professione
di fede religiosa. 
8. Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. l) Cost.  e  dell'art.  3
D.M. Lavori Pubblici n. 1444/1968 in relazione al  comma  5,dell'art.
72, L.R. 2/2015. 
    Il comma 5 del nuovo art. 72, cosi' come sostituito dall'art.  1,
comma 1, lett. c) della legge regionale in esame,  stabilisce  che  i
comuni che "intendono prevedere nuove  attrezzature  religiose"  sono
tenuti ad adottare e approvare il piano delle attrezzature religiose,
con cio' stabilendo che i comuni hanno la facolta' e non l'obbligo di
prevedere nuove attrezzature religiose. 
    La disposizione contrasta con l'art. 3 del decreto del  Ministero
dei lavori pubblici n. 1444/1968  (Limiti  inderogabili  di  densita'
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti  residenziali  e  produttivi  e
spazi pubblici  o  riservati  alle  attivita'  collettive,  al  verde
pubblico o a parcheggi da osservare  ai  fini  della  formazione  dei
nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai
sensi dell'art. 17, della legge 6  agosto  1967,  n.  765),  che  nel
determinare  i  rapporti  massimi  tra  gli  spazi   destinati   agli
insediamenti residenziali e  gli  spazi  pubblici  o  riservati  alle
attivita' collettive, ha stabilito che nei piani regolatori comunali,
ai  sensi  dell'art.  17,  della  legge  765/1967,   debbano   essere
individuati almeno 2 mq per abitante da destinare ad attrezzature  di
interesse comune, tra cui quelle religiose. 
    Pertanto, il comma  5,  dell'art.  72,  della  l.r.  n.  12/2005,
contrastando con le prescrizioni del decreto ministeriale n. 1444 del
1968, in tema di  dotazione  minima  riservata  a  spazi  pubblici  o
riservati alle attivita' collettive - che, come affermato dalla Corte
costituzionale nelle sentenze 120/1996 e  232/2005,  hanno  carattere
inderogabile, in quanto materia inerente all'ordinamento  civile  che
rispondono ad esigenze pubblicistiche sovrastanti gli  interessi  dei
singoli, e rientrano quindi nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato - viola, l'art. 117, secondo comma, lett. l)  Cost.,  che
riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile.